Clima auto, forse non sapete che…

L’abbiamo aspettato forse un po’ più a lungo del solito, ma il caldo – quello vero – è arrivato. Basta una sosta neanche troppo lunga e la temperatura in auto diventa bollente. Impossibile rinunciare al climatizzatore! Ma a proposito del clima auto, forse non sapete che «è fatto divieto di tenere il motore acceso, durante la sosta del veicolo, allo scopo di mantenere in funzione l’impianto di condizionamento d’aria nel veicolo stesso». Il divieto è previsto dall’art 157 del Codice della Strada, che prevede in caso di violazione una sanzione amministrativa da € 223 a € 444. Parliamo di sosta, non di fermata: ricordate la differenza? La fermata è di breve durata, mentre la sosta implica la sospensione della marcia per un tempo prolungato.

La ratio della norma è chiara: evitare l’emissione di gas di scarico inquinanti quando l’auto non è in movimento. Una logica ecodrive, dunque, alla quale vogliamo aggiungere qualche consiglio per utilizzare il condizionatore sì, ma in modo intelligente.

Disattiviamo il funzionamento automatico: quando usare il condizionatore, lo decidiamo noi. A motore ancora spento, apriamo tutti i finestrini o le portiere per creare una leggera corrente naturale che aiuterà ad abbassare appena la temperatura. Alla partenza, accendiamo il ventilatore per un paio di minuti e solo dopo passiamo al condizionatore a potenza ridotta, per poi aumentarla gradualmente.

Da evitare le soluzioni estreme: la temperatura ideale dell’abitacolo va dai 20 ai 25 gradi. Attenzione comunque a tenere bassa la differenza di temperatura tra interno dell’auto ed esterno, meglio non superare i 6 gradi; il malessere da stress termico può manifestarsi anche dopo parecchie ore. Occhio alla direzione delle bocchette: meglio orientarle verso le zone alte dell’abitacolo, per una ventilazione diffusa.

L’impianto è efficiente? Potrebbe essere scarico! Ricordiamoci di controllarlo e ricaricarlo ogni due/anni. Il rischio è sprecare energia, senza risultato.

 

Guidare in città è più semplice?

Guidare in città è più semplice? Spesso si ritiene che sia una guida più facile e sicura rispetto a quella su strade extraurbane o autostrade. La velocità è ridotta, i tragitti sono brevi, le strade familiari. Errore. Una conferma arriva dai più recenti  dati ACI. Sulle strade italiane, 73 incidenti su 100 avvengono nei centri abitati, 5 in autostrada e 22 su strade extraurbane.  I rischi principali in città? Incroci, rotonde, cambi di corsia repentini, pedoni che spuntano all’improvviso, monopattini e biciclette spesso in marcia contromano. Serve una guida attenta e prudente, Ma basta dare un’occhiata al traffico cittadino per rendersi conto delle manovre azzardate e delle frequenti violazioni del Codice della Strada che in città – chissà perché – sembrano meno gravi.

Quali sono le violazioni più comuni? Vediamone solo qualcuna, per il momento. Forse riconoscerete dei comportamenti che non vi sono proprio estranei.

In città la cintura di sicurezza non serve, specialmente per chi sta seduto sul sedile posteriore. Perchè sono importanti lo abbiamo già spiegato in un articolo di qualche tempo fa (qui). Perché sono importanti anche in città è presto detto: i test Euro NCAP mostrano che gravi conseguenze per auto e passeggeri possono derivare da urti laterali o frontali già alla velocità di 50 e 64 km/h, che sono di fatto velocità cittadine.

Semaforo giallo, si accelera per non restare bloccati dal rosso. Il giallo è un colore che può creare confusione, ma il suo significato è semplice: le auto devono affrettarsi se hanno già impegnato l’incrocio, altrimenti devono fermarsi. Lo stabilisce il Codice della Strada (art 41): “(…) i veicoli non possono oltrepassare gli stessi punti stabiliti per l’arresto (…) a meno che vi si trovino così prossimi, al momento dell’accensione della luce gialla, che non possano più arrestarsi in condizioni di sufficiente sicurezza; in tal caso essi devono sgombrare sollecitamente l’area di intersezione con opportuna prudenza”. Per i trasgressori, multa fino a 550 euro e decurtazione di 6 punti dalla patente. 

Auto in doppia fila. Chi non ha ceduto, almeno una volta, alla tentazione? Eppure è un comportamento che contribuisce alla congestione del traffico e allo stress dei guidatori. per non parlare di chi, parcheggiato correttamente, si ritrova bloccato anche per lunghi minuti. Multa e rimozione forzata (in caso di intralcio o pericolo alla circolazione) sono le sanzioni previste dal CdS. 

 

 

Monopattino elettrico?

Monopattino elettrico? Non è difficile da guidare, si può usare già a partire dai 14 anni. Persone di ogni età lo utilizzano per spostarsi in città in modo rapido e sostenibile.  Il mezzo è essenziale: una pedana, un manubrio, un piccolo motore elettrico fino a 500 W. Tuttavia, per utilizzare questo mezzo in sicurezza è bene conoscere e rispettare alcune regole.

Funziona in modo molto semplice. Per partire, si preme il tasto di accensione, si danno un paio di spinte con un piede e si accelera  con la leva posizionata sul manubrio. Le batterie del monopattino sono attivate dal cosiddetto “movimento asssitito”, una sinergia tra spinta meccanica (quella del piede, appunto) e motore elettrico. Una volta avviato, il monopattino prosegue la marcia in modo autonomo: basta accelerare e frenare col la leva apposita. Il limite di velocità – ricordiamolo – è di 20 km/h, che scende a 6 km/h nelle aree pedonali.

Quindi, facile. Ma sicuro? Per prima cosa, verificare che il monopattino possieda i requisiti previsti dalla legge perché il mezzo sia omologato per l’utilizzo su strade aperte al pubblico. Dunque potenza massima 0,5 kW, segnalatore acustico, luci anteriori e posteriori, regolatore di velocità (ad esempio per impostare la velocità massima nelle aree pedonali). Non servono invece targa e assicurazione RC, anche se presto potrebbero diventare obbligatori secondo le indicazioni di un primo pacchetto di misure emergenziali allo studio del mnistero dei Trasporti; torneremo su questo tema.  La legge vieta inoltre il trasporto di persone o cose e il traino del mezzo.

Oltre alle previsioni normative, è bene non trascurare alcuni importanti consigli. Il casco è obbligatorio solo per i minorenni, ma è opportuno indossarlo indipendentemente dall’età: è un dispositivo di protezione che può rivelarsi essenziale in  caso di urti o cadute. Prima di avventurarsi nel traffico, è bene fare un po’ di pratica in un luogo tranquillo, per abituarsi a gestire la velocità e a valutare lo spazio di frenata. Niente accelerazioni e frenate brusche, che potrebbero portare a una perdita di controllo. In curva: basta una sterzata lieve e una leggera inclinazione del corpo per affrontare ogni curva in sicurezza.

Ultimo, ma non ultimo, conoscere le regole della strada. E rispettarle, sempre.

 

Bonus Veicoli Sicuri, un piccolo rimborso per la revisione

Bonus Veicoli Sicuri: un piccolo rimborso a disposizione di chi ha effettuato la revisione auto.  Non si tratta di una grossa somma – il bonus è dell’importo di 9.95 euro – ma copre in parte l’adeguamento ISTAT imposto dal novembre 2021. Vediamo a chi spetta e come richiederlo.

Piccola premessa. Tempi e scadenze della revisione sono disciplinati dall’art. 80 del Codice della Strada. Per le auto, la revisione deve essere effettuata “entro quattro anni dalla data di prima immatricolazione e successivamente ogni due anni”. La prima (la quadriennale) va fatta entro la fine del mese in cui è stata rilasciata la carta di circolazione; quella ogni 2 anni entro il mese in cui è stata effettuata l’ultima revisione. Per chiarire: se un’auto è stata immatricolata il 10 ottobre 2019, la prima revisione va fatta entro il 31 ottobre 2023. La successiva, due anni dopo, entro il 31 ottobre 2025. A revisione scaduta, vige il divieto di circolazione fino a nuova revisione effettuata; la multa per i trasgressori arriva fino a 694 euro.

Meglio non rischiare, non solo per le conseguenze pecuniarie. La revisione punta a verificare nel tempo il corretto funzionamento di componenti essenziali, anche per gli automobilisti distratti che trascurano i controlli periodici. I controlli principali riguardano: impianto frenante; sterzo; vetri; impianto elettrico; assi, ruote, pneumatici e sospensioni; telaio; controllo dei gas di scarico; cinture di sicurezza; identificazione del veicolo. Si può effettuare presso la Motorizzazione Civile al costo di  54,95 euro o presso le officine private autorizzate a 79,02. 

Torniamo al bonus. Spetta ai proprietari di auto e moto che hanno effettuato la revisione nel 2022 o nel 2023. Per le revisioni 2022, la domanda potrà essere presentata fino al 31 marzo; dal 3 aprile, sarà possibile richiedere il bonus esclusivamente per le revisioni effettuate nel 2023Il Bonus Veicoli Sicuri può essere richiesto solo online, sulla pagina dedicata del sito del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, qui. L’importo sarà accreditato sul conto corrente dei richiedenti fino ad esaurimento delle risorse, secondo l’ordine temporale di ricezione delle richieste. Il bonus potrà essere richiesto una sola volta per un solo veicolo. 

Per verificare la data dell’ultima revisione vai sul Portale dell’Automobilista, qui

 

 

Veicoli senza assicurazione

Quanti sono in Italia i veicoli che circolano senza assicurazione? L’ultimo rapporto di Fondazione ANIA (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) indica che nel 2019 su 45,1 milioni di veicoli in Italia, circa 2,6 giravano senza RC auto. In percentuale, il 5,9% del totale del parco circolante su strada. Siamo al penultimo posto della classifica europea, battuti solo dalla Grecia. La più virtuosa? La Germania, con solo lo 0,04% di veicoli non assicurati.

Una nota positiva? Il trend è in calo: nel 2014, i veicoli non assicurati erano 3,9 milioni. Il contrassegno “virtuale” entrato in vigore nel 2015 ha migliorato la situazione, ma i dati restano allarmanti. Per le casse dello Stato, il fenomeno si traduce in una perdita di circa 280 milioni l’anno. 

Sul nostro territorio, sono notevoli le differenze geografiche. Nel Nord, quasi tutte le regioni si attestano su valori pari o molto al di sotto della media nazionale.  Il Lazio e la città di Roma presentano un’incidenza pari al doppio (rispettivamente 8,5% e 9,4%) di quella delle altre regioni del Centro. Al Sud, i valori di poco superiori alla media nazionale si impennano in Calabria e Campania. A Napoli un veicolo su sei circola senza assicurazione, a Reggio Calabria uno su otto.

Cosa si rischia a circolare con un veicolo senza assicurazione? Una multa che può variare da un minimo di 866 euro a un massimo di 3.464 euro. In più, il pagamento degli oneri di trasporto e custodia del mezzo sequestrato. La sanzione può essere ridotta del 25% se il rinnovo della polizza viene effettuato entro 30 giorni. La riduzione vale anche in caso di demolizione del mezzo entro 30 giorni dal verbale.

E se veniamo coinvolti in un incidente con un veicolo non assicurato? Il danneggiato sarà comunque tutelato e avrà diritto al risarcimento dei danni. In questo contesto interviene il Fondo di garanzia Vittime della Strada, un fondo pubblico gestito da Consap (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici S.p.A.), che provvederà a risarcire i soggetti che hanno subito danni senza colpa nel sinistro. Sempre il Fondo interviene in caso di assicurazione scaduta da più di 15 giorni. In entrambi i casi, il Fondo potrà poi rivalersi sul soggetto responsabile.

Corsia di emergenza

La tentazione di utilizzare quella corsia libera di fianco alla carreggiata è forte, ma no. La corsia di emergenza non serve per scalare un po’ di posizioni in caso di code o ingorghi. O per correre un po’, se il traffico è lento.  Su quelle corsie «è vietato circolare se non per arrestarsi o riprendere la marcia» prescrive il  Codice della Strada, perché  – art 3 – sono «destinate alle soste di emergenza, al transito dei veicoli di soccorso ed, eccezionalmente, al movimento dei pedoni, nei casi in cui sia ammessa la circolazione degli stessi». Quindi se l’auto è in avaria, per un malessere del conducente o di un passeggero, per il passaggio di ambulanze o delle forze dell’ordine, con la sirena in funzione.  Unica eccezione ammessa: per raggiungere la più vicina uscita autostradale in caso di ingorgo, ma solo se dista meno di 500 metri.

Vediamo alcuni dei comportamenti consentiti e vietati dal Codice della Strada. In corsia di emergenza:

La sosta deve limitarsi al tempo strettamente necessario per superare l’emergenza stessa e non deve, comunque, superare le tre ore. Decorso tale termine, il veicolo può essere rimosso coattivamente.

Durante la sosta e la fermata di notte o in caso di visibilità limitata, devono sempre essere tenute accese le luci di posizione. Se risultano inefficienti si deve ricorrere al triangolo, collocato almeno 100 metri prima del veicolo. E il triangolo è obbligatorio, sempre a 100 metri, anche se il guasto rende impossibile spostare il veicolo sulla corsia di emergenza o sulla piazzola di sosta o se queste mancano. Il Codice non lo dice, ma meglio usare anche le quattro frecce.

È consentito il transito dei pedoni solo per raggiungere i punti per le richieste di soccorso. Prima di scendere dal veicolo, è obbligatorio indossare i giubbini catarinfrangenti omologati con marchio CE (che è obbligatorio avere a bordo!).

È vietato effettuare la retromarcia, anche sulle corsie per la sosta di emergenza, fatta eccezione per le manovre necessarie nelle aree di servizio o di parcheggio

Tutte le regole che riguardano la circolazione su autostrade e strade extraurbane si trovano elencate negli artt. 175 e 176, insieme alle sanzioni relative: multe e perdita dei punti patente. “Furbetti della corsia di emergenza”, date un’occhiata.

Stile o sicurezza?

Stile o sicurezza? Al volante, nessun dubbio. Le scarpe ideali per la guida devono permettere di controllare in sicurezza il veicolo. Né troppo strette, né troppo larghe, devono garantire sensibilità sul pedale e un appoggio stabile al tallone. Quindi niente tacco 12, infradito, zeppe, scarponi da montagna? 

Per un confronto diretto tra calzature diverse, ÖAMTC – l’Automobile Club austriaco – ha effettuato un test pratico. I conducenti coinvolti nell’esperimento dovevano: evitare rapidamente un ostacolo, effettuare una frenata di emergenza ed eseguire una manovra di parcheggio. Ecco i risultati. Bocciati dall’ÖAMTC i tacchi alti “perché rendono impossibile dosare la forza frenante e percepire la resistenza del pedale”. No anche a infradito e piedi nudi: “hanno dati i peggiori risultati nelle frenate di emergenza, perché non è stato possibile esercitare la giusta pressione sui pedali”. Sconsigliati i sandali, “per il rischio che il pedale si impigli tra la scarpa e il piede”. Promosse solo le scarpe sportive, le migliori per la guida: “a seconda della manovra richiesta consentono un controllo del pedale sensibile o potente”.

Il Codice della Strada non stabilisce divieti espliciti, ma dispone all’art. 140 che «Gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione e in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale» e al 141 che «il conducente debba “essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo del veicolo».

Indossare calzature poco adatte alla guida può essere considerato un comportamento a rischio e può fornire un’arma alle assicurazioni.  Le “scarpe sbagliate” potrebbero  dimostrare l’imperizia del conducente e consentire – in base a una sentenza di Cassazione Penale del 1978 – riconoscere un rimborso ridotto. Come risolvere? Tenendo sempre in auto un paio di scarpe adatte alla guida. Stile, senza rinunciare alla sicurezza. 

Patente a punti – quando e come

Sappiamo che esiste, ma sappiamo come funziona? La patente a punti è un sistema che affianca le sanzioni già previste dal Codice della Strada, introdotto in Italia nel luglio 2003.

Ad ogni patente viene assegnato un punteggio iniziale di 20 punti, che si riducono ogni volta che si commette un’infrazione di una certa gravità. L’articolo 126 bis del Codice della Strada indica il sistema di punteggio con le relative infrazioni. Per ogni violazione, possiamo sapere in anticipo quanti punti patente perderemo; si va da un minimo di 1 a un massimo di 10 punti.

Esempio: chi viene sorpreso alla guida senza cintura di sicurezza pagherà una multa e subirà in più la decurtazione di 5 punti patente. Quali sono le violazioni che “costano” 10 punti? Vediamo alcune. Guidare in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti; superare di oltre 60 km/h il limite di velocità: sorpassare in situazioni pericolose;  darsi alla fuga dopo un incidente grave.

Nel verbale di infrazione gli agenti specificano il numero di punti decurtati, comunicandolo al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Contro la decurtazione dei punti patente si può presentare ricorso al prefetto oppure al giudice di pace, rispettivamente entro sessanta e trenta giorni dalla notifica del verbale. Una volta trascorso il termine indicato per fare ricorso, il MIT registra la diminuzione di punteggio in via definitiva e ne invia comunicazione al trasgressore, indicando le modalità per il recupero dei punti.

Come si  controlla il “saldo” dei punti patente? Niente più lettera spedita a casa dalla Motorizzazione Civile.  A seguito di una recentissima modifica di legge, il controllo è possibile solo attraverso il Portale dell’Automobilista (il portale di servizi e informazioni del MIT), accessibile con SPID, oppure scaricando l’app gratuita iPatente.

P come principiante

Per prepararsi all’esame pratico di guida è possibile circolare al volante con il foglio rosa, ma l’inesperienza del conducente rende necessarie alcune cautele. Il Codice della Strada impone la presenza a bordo di un accompagnatore di età non superiore ai 65 anni e patentato da almeno dieci anni. In più, prevede l’esposizione obbligatoria di un contrassegno con la lettera “P” di “principiante” per segnalare agli altri utenti della strada il guidatore inesperto.

L’esposizione della “P” è obbligatoria per chi guida con il foglio rosa. L’esposizione del contrassegno non è invece richiesta per le auto delle scuole guida, dotate di altre segnalazioni adeguate. Il mancato rispetto dell’obbligo comporta una sanzione da un minimo di 87  fino a un massimo di 345 euro. 

Quali caratteristiche deve avere questo contrassegno? Naturalmente è possibile acquistare contrassegni già pronti, realizzati secondo le normative di legge. Ma per preferisci il “fai da te” ecco qualche indicazione per rispettare tutti i requisiti previsti da un regolamento applicativo del Codice della Strada

Servono due contrassegni, da applicare sia nella parte anteriore sia in quella posteriore del veicolo. La “P” deve essere maiuscola, di colore nero e di dimensioni precise: 12 cm in altezza e 9 cm in larghezza davanti, 20 cm di altezza e 18 cm di larghezza dietro. Il fondo deve essere bianco, di materiale retroriflettente. Anche qui, misure precise: 15 cm in altezza e 12 cm in larghezza anteriormente, mentre posteriormente di 30 cm per entrambe le dimensioni.

Superato l’esame e conseguita la patente, il contrassegno non è più obbligatorio. In molti scelgono comunque di mantenerlo in attesa di acquisire maggiore esperienza. Una buona idea, che induce i guidatori esperti ad essere più tolleranti. Chi di noi non ha mai avuto un sorriso di comprensione di fronte a un’auto con il contrassegno “P” che si spegne alla partenza da un semaforo?

Si può guidare con le infradito?

Abiti leggeri, occhiali da sole e scarpe aperte. Con l’arrivo del caldo il nostro abbigliamento si adegua, ma indossare sandali,  zoccoli o infradito è una buona idea se dobbiamo guidare? E quali sono i rischi?

Il vecchio Codice della Strada vietava espressamente la guida con questo tipo di scarpe o a piedi scalzi, ma dal 1993 questa norma non esiste più. È tutto demandato al nostro buon senso? Non proprio. Il problema multe è superato, ma c’è un’altra norma alla quale dobbiamo prestare attenzione. L’art, 141 del Codice prevede che «Il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie, in condizione di sicurezza in modo da garantire la tempestiva frenata del mezzo…». E sul sito della Polizia di Stato si legge che «il conducente deve autodisciplinarsi nella scelta dell’abbigliamento e degli accessori al fine di garantire un’efficace azione di guida con i piedi (accelerazione, frenata, uso della frizione)»

È possibile che un eventuale cattivo controllo del mezzo venga attribuito (anche) all’utilizzo di una calzatura non idonea, quindi. In caso di incidente, la Polizia può indicare nel verbale che uno dei conducenti guidava con le infradito, con zoccoli di legno o a piedi nudi. Qui si inserisce l’incognita dell’assicurazione auto. In fase di liquidazione dei danni, l’assicurazione potrebbe utilizzare tale circostanza per sostenere il concorso di colpa e limitare o respingere la richiesta di risarcimento. 

Ricapitolando: la legge non lo vieta, la Polizia di Stato lo sconsiglia, l’assicurazione ne approfitta. Ma in ogni caso, guidare con calzature non adatte non è sicuro! Il piede può sfilarsi facilmente dal sandalo senza lacci, l’infradito può restare incastrata sotto il pedale, la suola di legno riduce molto la sensibilità di guida. E aggiungiamo anche i tacchi alti, che – vale anche per le scarpe invernali – rendono difficile l’appoggio del tallone e limitano la capacità di pressione sui pedali.

In conclusione, meglio tenere in auto un paio di scarpe chiuse adatte alla guida. E una volta arrivati a destinazione, via allo stile!