Stop ai motori a combustione

Manca la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ma l’accordo è stato raggiunto lo scorso 27 ottobre. Europarlamento e Consiglio UE hanno fissato per il 2035 lo stop definitivo alla vendita di auto con motori a combustione. Il futuro dell’auto in Europa sarà a zero CO2. L’impegnativo traguardo dovrà essere raggiunto attraverso due step intermedi di riduzione delle emissioni nocive: taglio del 25% entro il 2025 e del 50% entro il 2030, per raggiungerepoi  nel 2035 quota zero. Niente tappe intermedie per i piccoli costruttori – da 1000 a 10.000 vetture all’anno – tenuti solo a farsi trovare pronti per lo stop finale. Esentati invece i produttori “di nicchia”: chi produce meno di 1.000 auto all’anno potrà continuare a costruire e vendere auto a benzina o diesel anche dopo il 2035.

Dal 2026, la Commissione “valuterà i progressi fatti … e l’eventuale necessità di modificare gli obiettivi fissati, tenendo conto dello sviluppo tecnologico”. Se e-fuels (carburanti sintetici) e biocarburanti da fonti rinnovabili raggiungeranno le zero emissioni entro il 2026, l’esecutivo potrà valutare possibili deroghe o revisioni.

La strada per lo stop ai motori a combustione parte da luglio 2021 , quando la Commissione Ue presenta “Fit for 55”, un pacchetto di riforme pensato per un taglio alle emissioni (rispetto al 1990) del 55% invece che del 40% entro il 2030. Un disegno che si inserisce nel Green Deal, il maxi-piano dell’Unione Europea per una revisione profonda delle politiche energetiche e climatiche. Obiettivo davvero molto ambizioso.

Esprime soddisfazione per l’accordo la presidenza di turno della Ue, con il ministro ceco la sua Jozef Síkela: «Questo accordo spianerà la strada a un’industria dell’auto moderna e competitiva nell’Unione europea. Il mondo sta cambiando e noi dobbiamo rimanere all’avanguardia nell’innovazione. Credo che possiamo trarre vantaggio da questa transizione tecnologica. Il calendario previsto rende l’obiettivo raggiungibile anche per i costruttori»

 

 

 

Bonus trasporti, cos’è e come funziona

Nei nostri corsi di Ecodrive insegniamo a guidare “verde”, riducendo i consumi di carburante e le conseguenti emissioni nocive. Ma c’è un altro modo per ontribuire a una mobilità sostenibile: rinunciando all’auto. Da solo, il settore dei trasporti causa circa un quarto delle emissioni totali di gas serra; gli Stati UE si sono impegnati a intervenire con soluzioni efficaci per l’ambiente, utili a contrastare la crisi energetica e “sostenibili” anche per i cittadini. Un incentivo all’utilizzo dei mezzi pubblici arriva con il bonus trasporti.

Si tratta di un buono per l’acquisto di abbonamenti al trasporto pubblico locale, regionale, interregionale e per il trasporto ferroviario nazionale italiano, per un valore mensile massimo di 60 euro.  Il bonus trasporti può esser richiesto da chi ha posseduto nel 2021 un reddito personale lordo annuo non superiore ai 35.000 euro. I redditi interessati sono  tutti quelli dichiarati e imponibili ai fini fiscali, non solo quelli da lavoro o da pensione, ma anche i redditi da lavoro autonomo.

Il bonus riporta il nominativo del beneficiario e non è cedibile ad altri, neanche in ambito familiare. Se più componenti della stessa famiglia utilizzano i mezzi pubblici, ognuno deve presentare la propria richiesta. Per i minorenni, la richiesta deve naturalmente essere presentata da un genitore.  Il bonus può essere richiesto ogni mese (fino a dicembre 2022 o fino a esaurimento dei fondi) e deve essere utilizzato entro il mese solare di emissione, altrimenti non è più valido, ma l’abbonamento acquistato può partire anche dal mese successivo. Cioè: se ricevo il bonus a ottobre devo utilizzarlo entro la fine di ottobre, per acquistare un abbonamento che può iniziare la sua validità dal mese di novembre. 

Il bonus trasporti può essere richiesto sul portale del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali fino al 31 dicembre 2022.

Spegnere il motore

Ridurre consumi, usura del veicolo e inquinamento? È possibile per tutti, mettendo in pratica tutti i giorni alcune semplici indicazioni di guida ecologica. È uno stile di guida che richiede attenzione, allenamento e responsabilità, ma i vantaggi sono assicurati. Uno dei consigli probabilmente meno seguiti, ma davvero utile, è: spegnere il motore. In che senso? Vediamo. 

Spegnere il motore conviene. Una coda al semaforo, un incolonnamento, una sosta per rispondere al cellulare o per far scendere un passeggero: se la sosta dura più di 10 secondi, conviene spegnere il motore e riavviarlo solo al momento di ripartire. Tenere il motore acceso consuma inutilmente carburante e produce circa 10 litri di gas di scarico al secondo.

Qualche cifra per chiarirci le idee.
In città, diciamo che capita una sosta di 50 secondi ad ogni km percorso. Se spegniamo il motore ad ogni sosta, dopo 200mila km e 200mila soste dovremo sostituire il motorino di avviamento, con una spesa che va dai 200 a 600 € (dipende dal tipo di veicolo che possediamo). “Visto? Allora non conviene!” Un attimo: vediamo i numeri se lasciamo il motore sempre acceso. Consumo totale  di carburante nelle 200mila soste: 4mila litri (0,02 litri per sosta); al costo medio di 1,4 € al litro significa un totale di 5,600 euro, bruciati inutilmente per stare fermi.

Secondo un’idea diffusa, spegnere e riaccendere spesso il motore può danneggiarlo, ma è vero? No, lo spegnimento non provoca danni! Non a caso, molti veicoli recenti montano un sistema Start and Stop che spegne automaticamente il motore in caso di sosta, valutando diversi parametri. Il sistema si attiva quando il conducente ferma il veicolo e mette in folle. Quando si preme la frizione o si solleva il piede dal freno il sistema “capisce” che è il momento di riavviare il motore e agisce di conseguenza. Con questo sistema, si può realizzare un risparmio di carburante medio del 4/6%, e arrivare fino al 10%. Uno studio del Politecnico di Madrid è arrivato ad evidenziare una riduzione di CO2 dell’ordine del 20% su un tragitto percorso alla velocità media di 15.5 km/h, in condizioni simili a quelle di un tragitto urbano caratterizzato da traffico intenso.

Va detto: con lo Start and Stop non è possibile utilizzare una batteria standard, ma è necessario dotare la vettura di una batteria con accumulatori più potenti, in grado di resistere alle numerose accensioni richieste dal sistema. Se, infatti, per le vetture “normali” è sufficiente utilizzare una batteria progettata per un ciclo medio di 30.000 accensioni, per quelle dotate di Start and Stop questa cifra si moltiplica fino a raggiungere le 300.000 accensioni. E la batteria è più costosa.

Altri consigli di guida ecologica si trovano qui, quiqui sul sito e sul nostro manuale Sicuri al volante, disponibile in versione cartacea su Amazon e in versione eBook e cartacea su Lulu.

Pneumatici di classe superiore

Chi contava sul “bonus pneumatici” è rimasto deluso. L’emendamento proposto da alcuni parlamentari al Decreto Energia – fino a 200 euro di contributo per l’acquisto di un treno di gomme auto di classe A o B – è stato ritirato dai firmatari. Persa la possibilità di un “aiutino” da parte dello Stato per passare a pneumatici di classe energetica superiore, vale comunque la pena di acquistarne di più efficienti? Vediamo.

Dallo scorso maggio 2021 è  in vigore la nuova etichetta energetica per gli pneumatici: 5 categorie di classe energetica, dalla A alla E. Come gli elettrodomestici o le lampadine. Rispetto alla precedente la nuova etichetta è più completa e trasparente. Le principali novità: semplificazione delle classi di  aderenza e rumorosità, indicazione della tenuta su neve e ghiaccio, introduzione di un QR Code che consente di accedere a informazioni aggiuntive e specifiche sul prodottto. Le gomme di classe A e B sono quelle che garantiscono le migliori prestazioni in termini di sicurezza e sostenibilità. Perché? 

Montare questo tipo di pneumatici permette di avere maggiore tenuta di strada e spazio/tempi di frenata ridotti fino al 30%. Significa arrestare il veicolo in meno tempo e in uno spazio minore, guadagnando in sicurezza.

E veniamo alla sostenibilità. Studi alla mano, se montiamo uno pneumatico in classe B invece che uno in classe E possiamo ridurre i consumi di carburante fino al 7% . «In Italia si consumano circa 40 miliardi di litri di carburante, con una spesa stimabile in circa 60 miliardi di euro» spiega  Assogomma, associazione di produttori di pneumatici «Se  tutti i mezzi in circolazione adottassero pneumatici di classe A o B  si potrebbero risparmiare oltre 2 miliardi di litri di carburante, pari a oltre 4 miliardi di euro»

Un risparmio in termini economici ma non solo: i consumi ridotti consentono di evitare emissioni di CO2  per 7 milioni di tonnellate all’anno. Occhio però alla pressione di gonfiaggio! «Gomme gonfie al punto giusto fanno consumare meno benzina o gasolio, perché riducono la resistenza al rotolamento sull’asfalto. I dati indicano che per ogni 0,2 bar di pressione in meno rispetto a quella corretta, si spende in media l’1/2% in più, ma con punte che possono arrivare al 10%» conferma l’Ufficio Studi dell’Unione Nazionale Consumatori.

Per concludere. Niente aiuto di Stato, e la sostituzione di un treno di gomme può comportare una spesa impegnativa. Ma il passaggio a pneumatici di classe energetica superiore si rivela comunque una mossa vincente.

Mobilità sostenibile: il punto della situazione

Buone notizie sul versante della mobilità sostenibile in Italia: auto elettriche e colonnine di ricarica sono in aumento. Lo conferma il report Le infrastrutture di ricarica pubbliche in Italia di Motus-E, l’associazione che raggruppa gli stakeholders della mobilità elettrica. Pubblicato a gennaio 2022, riporta dati aggiornati al dicembre 2021. Vediamo qualche cifra per capire a che punto siamo.

Nonostante i rallentamenti legati alla pandemia, il 2021 si chiude con un totale di 136.7541 veicoli elettrici o ibridi immatricolati, pari a un +128% rispetto all’anno 2020. In testa le regioni del Nord, che rappresentano il 64% del mercato totale.  Per la mobilità sostenibile in Italia, i numeri sono incoraggianti. Ma rispetto al contesto europeo sono ancora modesti: l’Italia è collocata al quinto posto.  Siamo però secondi in Europa per rapporto tra numero di infrastrutture di ricarica e numero di veicoli elettrici in circolazione. È chiaro l’obiettivo di “spingere” per una diffusione capillare  sul territorio dei servizi di ricarica.

Qualche dato: al 31 dicembre 2021 risultano 13.233 infrastrutture di ricarica – cioè stazioni o colonnine in grado di ricaricare anche più di un veicolo contemporaneamente – in 10.503 luoghi accessibili al pubblico. Una crescita del 36% rispetto all’anno precedente, che conferma un trend in continuo aumento. Come sono distribuite le infrastrutture sul territorio nazionale? Anche qui, le differenze sono rilevanti. Più della metà sono distribuite nel Nord Italia (57%), con la Lombardia che da sola può vantare  il 17% dei punti di ricarica. Centro e Sud-Isole più o meno si equivalgono, rispettivamente con il 23 e il 20 per cento. Trasversale il dato relativo alle 10 città metropolitane, distribuite tra Nord, Centro e Sud. A fronte del 14% di popolazione nazionale ospitata, concentrano il 17% dei punti di ricarica totali.

La mobilità elettrica è roba da centri urbani, verrebbe da concludere. Uno sguardo  alla situazione sulle autostrade sembra confermarlo. Ad oggi, leggiamo nel report, le infrastrutture di ricarica presenti sulla rete autostradale sono pari a 1,2 ogni 100 km. Diventano 40 se aggiungiamo le infrastrutture collocate in prossimità, ma che richiedono comunque l’uscita dal casello. Per rispettare i nuovi target europei, l’Italia dovrebbe riuscire a installare circa 2.000 punti di ricarica entro il 2030. Aprendo la strada a viaggi extraurbani per le famiglie e per le flotte aziendali.

Mobilità smart

«Un sistema di trasporto che corrisponda ai bisogni economici, sociali e ambientali della società, portando al minimo storico le ripercussioni negative in questi tre sistemi»  Risale al 2006 la prima definizione di “mobilità sostenibile”, che dobbiamo al Consiglio Europeo. Ad oggi, è una delle principali risposte utilizzate da governi di tutto il mondo per ridurre l’inquinamento e tutelare salute e ambiente.

Questo riguarda solo il trasporto pubblico? Vediamo qualche cifra in generale. In Italia, il trasporto è responsabile del 50% delle emissioni di ossidi di azoto, del 13% delle emissioni di particolato e del 23% delle emissioni totali di gas serra. Il 60% di questa ultima percentuale è da imputare alle auto. Quindi il tema della mobilità sostenibile coinvolge tutti noi.

È vero che – come ci informa la 5^ edizione del White Paper, pubblicazione di riferimento nel mondo della smart mobility – nel 2020 in Italia le immatricolazioni di veicoli sono calate del 28%. Cioè, abbiamo messo su strada 535.000 nuove vetture in meno rispetto all’anno precedente. Ma è anche vero, prosegue il White Paper, che con la pandemia l’auto è diventata il mezzo preferito per spostarsi. Un italiano su due considera l’auto il mezzo più sicuro, mentre solo da due italiani su cinque utilizzano i mezzi pubblici . 

Anche in Italia la mobilità smart è supportata dal Governo: 663.710 i cittadini hanno utilizzato i bonus legati alla mobilità a basso impatto ambientale. Ma se non possiamo passare all’auto elettrica, possiamo comunque dare un contributo. L’ecodrive, la guida ecologica, è un allenamento specifico che consente di ridurre emissioni nocive, usura del veicolo e consumi di carburante. Conviene all’ambiente e conviene a chi guida!

In questo sito trovate alcuni consigli per guidare “verde”, così come nel nostro manuale Sicuri al volante disponibile in versione cartacea su Amazon e in versione eBook e cartacea su Lulu. E per completare la preparazione, la nostra Scuola organizza corso specifici utili per tutti. 

Ecodrive – scegli l’auto giusta

In base ai dati della Commissione Europea, le autovetture contribuiscono per il 12% circa alle emissioni di CO2 causate dall’uomo in Europa. Di fronte a questa situazione, governi e consumatori sensibili chiedono alle case automobilistiche di ridurre l’impatto ambientale dei loro prodotti.

In risposta, le case automobilistiche si sono mosse con una gamma di interventi frutto di ricerca e innovazione. Migliore efficienza dei motori, interventi sulle strutture, nuove tecnologie di propulsione hanno consentito una riduzione costante e graduale delle emissioni nocive dei veicoli.

Ridurre le emissioni non dipende però solo dalle caratteristiche dei veicoli ma anche dalle scelte dei conducenti. Un cambio nel paradigma comportamentale può essere un utile complemento all’approccio tecnologico messo in campo dai produttori. Al momento dell’acquisto, pensiamo anche alla sostenibilità!

I veicoli di grossa cilindrata, progettati per raggiungere velocità elevate, consumano molto carburante anche quando viaggiano a velocità “normali”. Perché?

Per muoversi, questi motori devono sviluppare una grande potenza, che a bassa velocità viene utilizzata solo in minima parte. Questa riserva di potenza in eccesso costa cara. Se un motore lavora in condizioni diverse da quelle per cui è progettato, il suo rendimento non sarà ottimale: il consumo di carburante risulterà maggiore.

Per consumare la giusta quantità di carburante dobbiamo scegliere un veicolo adatto all’uso al quale intendiamo destinarlo. Inutile comprare un SUV e utilizzarlo come un’utilitaria! Al momento dei acquistare una vettura, prestate attenzione all’Etichetta Energia: troverete informazioni relative al consumo di carburante, alle emissioni di CO2 e all’efficienza energetica. Scegliendo l’auto “giusta” e adottando un giusto stile di guida possiamo risparmiare dal 10 al 40% di carburante.

Climatizzatore con intelligenza

L’estate è proprio arrivata. Non è solo una questione di calendario, sono le temperature che lo confermano. E quando in auto il caldo si fa sentire, il climatizzatore è un comfort irrinunciabile.

I primi prototipi comparvero negli anni ’30, i collaudi iniziarono nei primi anni ’40 su Packard e Cadillac. Il primo sistema di climatizzazione fu montato solo nel 1953, sulla Chrysler Imperial. Oggi è presente praticamente su tutte le vetture e sembra impossibile farne a meno. Ma come funziona?

Scopo dei climatizzatori è sottrarre calore dall’abitacolo e deumidificare l’aria al suo interno. In che modo? Sfruttando un principio semplice: un liquido che diventa gas assorbe calore; un gas che diventa un liquido libera calore. L’aria calda all’interno dell’abitacolo viene raffreddata nel momento in cui fa ingresso nell’evaporatore, all’interno del quale circola un liquido freddo. Quindi, un climatizzatore non produce aria fredda, ma sottrae aria calda dall’abitacolo.

Spesso questo impianto viene utilizzato in modo poco corretto, favorendo inutili sprechi. L’energia necessaria al funzionamento del compressore produce infatti un aumento dei consumi di carburante. Dunque, il climatizzatore deve essere usato con intelligenza e solo quando è davvero necessario. Qualche consiglio.

Disattiva il funzionamento automatico: decidi tu quando il climatizzatore serve. Accendilo solo se la temperatura esterna supera i 18 gradi.

Alla partenza, viaggia per un paio di minuti a climatizzatore spento, con i finestrini abbassati e la ventilazione accesa. Poi chiudi i finestrini e accendi il condizionatore a velocità ridotta.

Evita le temperature polari! Tieni bassa la differenza tra temperatura interna ed esterna e ricorda: la temperatura ideale dell’abitacolo è di 23 gradi.

Con questi semplici accorgimenti i consumi si riducono in media del 5%.